Riportiamo con scrittura inclinata e tra virgolette le risposte della Fabbriceria.
“RIGUARDO AGLI AFFITTI SUI CAMPI deve ricordare che i due campi e mezzo, che costituiscono l’unica proprietà fondiaria della chiesa, sono lavorati gratuitamente dai Comunisti e non affittati, perché, come si ebbe a dire altra volta, se si affittasse quella poca terra, la chiesa non avrebbe di che mantenersi mentre il fitto non apprenderebbe mai alla sola metà del prodotto intero. In base dunque di tale riflesso cade da per sè il fatto rimarco, giacchè essendo il prodotto sempre variabile a seconda della qualità dei grani che vi si seminano, degl’infortunj, e delle varie circostanze che influiscono sulla prosperità della vegetazione, non si potrà mai fissare a quella fabbrica un determinato estremo. Prova ne sia che, se il prodotto del 1844 fu minore di quello del 1843, a cagione del turbine (*) che tanti guasti recò non solamente ai seminati, ma eziandio ai fabbricati di questa Villa (di S. Pelagio) il prodotto del 1845 eccede di tre quinti quello del 1844. Si dovrebbe forse giustificare anche un tale aumento. Fatto però un calcolo decennale sarebbe facile dimostrare che col metodo fino ad ora praticato risulta una utilità ch’eccede come si disse il doppio fitto che si potrebbe sperare dalle poche terre sopraindicate le quali essendo spoglie di piantagioni non potrebbero essere affittate per qual maggiore di annui sacchi cinque di frumenti, ovvero l’equivalente in denaro. Si crede di aver detto abbastanza, e forse anche troppo, a giustificazione dell’emerso rimarco”.
“RIGUARDO ALLA VENDITA DEL MAIALE” di S. Antonio (era un maiale che veniva allevato da tutta la comunità) al mercato di Treviso i fabbricieri dichiaravano: “fu tentata la vendita all’asta in Parrocchia del majale donato dal Tesser, né avendo potuto ricavare quanto si sperava, si ha trovato più vantaggioso il venderlo al pubblico mercato di Treviso senza incanto (senza vendita all’asta), per un prezzo maggiore di quello offerto all’asta, e quindi non si può rendere ostensibile (pubblico, valido) il chiesto Processo Verbale. Sembra però che la venerata (da notare il carattere minuscolo del termine “venerabile”) R. M. (Regia Maestà) Delegazione (l’autorità austriaca) potesse riporre maggior fiducia in persone che gratuitamente si prestano a beneficio della Chiesa sotto la controlleria (il controllo) del Parroco, e che dovesse risparmiare loro la mortificazione di chiamarle, oltre a molti disturbi, a tanto umilianti giustificazioni”.
(*) TURBINE
E che ci fosse stato un “turbine” che aveva causato gravi danni anche ai fabbricati lo si legge anche in un resoconto economico del 1844 che conserviamo in archivio parrocchiale. Il documento è relativo alle “Riparazioni fatte dalla Fabbriceria di S. Pelagio nella Chiesa Parrocchiale dal turbine 8 Agosto p. p. (appena trascorso) nei finestroni di questa chiesa: Spesa N. 12 lastre (vetri) sopra la Porta Maggiore (questa annotazione di una finestra sopra la Porta Maggiore ci offre un’importante notizia sull’aspetto della facciata della chiesa prima che questa venisse allungata di alcuni metri verso l’anno 1885)… 88 vetri tondi piccoli… 96 crocette… 6 piombi da lastre… 2.6 stagno per saldare… legami di ferro… broche (ribattini, chiodi corti con la testa grossa utilizzati per unire due ferri, ecc…) e lattarioli (materiali di latta)… assestamento della ramata (rete di protezione)… fattura generale di mano d’opera £ 34.44. (La fattura porta la firma di) Pietro Dilorenzo Fenestraro (fabbricante di finestre) e di G. B. Broili che sembra, dalla calligrafia, sia l’autore anche della lettera inviata alla “veneranda Regia Maestà” per protestare contro “la mortificazione, i disturbi e le umiliazioni di essere chiamati a giustificare il proprio operato” (all’autorità austriaca).