PERCHÈ “SAN PELAGIO DELLE VERINE”?
Il nome della “Via” che corre tra la Chiesa e la casa canonica è “Via delle Verine”.
Questo nome “Verine” ci permette di effettuare alcune osservazioni:
a) Nei documenti più antichi che possediamo, come ad esempio le tre Bolle Pontificie degli anni 1170, 1181, 1187 e in un documento del comune di Treviso dell’anno 1314 la nostra parrocchia viene chiamata “S. Pelagio delle Aurine”.
b) In altri documenti la parrocchia viene detta “delle Verine”.
Queste denominazioni si possono trovare nelle nomine dei parroci di San Pelagio e in un atto giudiziario del 1433 che riferisce di un processo intentato alla Parrocchia per non aver partecipato alla processione nella città di Treviso in onore di S. Liberale, patrono della città.
c) Nelle “Antiche pergamene dei Conti di Onigo” si legge che “domino Mainerio nel 1262”, entra in possesso di un terreno a S. Pelagio chiamato “San Pelagio in Ravine”.
CONCLUSIONE
Un un atto giudiziario del “1330 Terisio“, grande giocatore e dissipatore dei beni avuti in eredità dal padre defunto, Senzabriga da Montaner, promette di non vendere, senza il permesso della consorte, i beni che gli ha lasciato in eredità e che possiede a Ponzano “in loco detto alle Rovine (ad-ruinas)…”. Data la vicinanza di Ponzano a S. Pelagio si può supporre che tutte le varie specificazioni date al nome della nostra Parrocchia “Ravine, Ruvine, Virine, Verine, Ruvine, Aurine, ecc…” siano riconducibili, come anche a Ponzano, a definire delle “Rovine” presenti nel territorio.
“Rovine” causate da guerre, terremoti, inondazioni, povertà? Certo l’impressione che dei ruderi che forse si trovano nei nostri campi, ha lasciato fin dall’inizio della storia del nostro paese un triste ricordo, visto che esso è rimasto anche nel nome.
ANNI 1315 – 1511
ANNO 1315
Il Podestà Manno della Branca e il Consiglio dei “Trecento” vogliono sapere esattamente da una commissione di “savi” quanti siano “i fuochi” sui quali imporre delle imposte, in particolare per “occasione circharum Tarvisii”, cioè per lavori di sistemazione delle mura di Treviso.
S. Pelagio ha “7 fuochi… Camalò ha 9 fuochi, Lancenigo 10, Merlengo 20, S. Andrà 7”.
Secondo lo storico A. Marchesan i “fuochi” non indicano necessariamente una singola abitazione, ma un piccolo borgo o un insieme di abitazioni. Avendo San Pelagio 7 fuochi, si può supporre che non superi complessivamente le 150 persone.
Ogni fuoco deve quindi pagare le imposte, ma deve anche avere per la difesa propria e del territorio “un arco e 25 frecce”. San Pelagio conta, quindi, 7 archi e 175 frecce.
Le armi devono essere tenute in perfetta efficienza, pronte se necessario, a difendersi.
E, se leggiamo le righe che seguono, non si può dire che non siano mai state utilizzate.
Nell’anno 1312 Treviso scaccia i Da Camino dalla città e ripristina il Comune.
Nell’anno 1315 gli Scaligeri compiono scorribande nelle campagne trevigiane.
Nell’anno 1317 dei rivoluzionari distruggono il vicino comune di Ponzano. E’ facile pensare che anche Roncole e S. Pelagio abbiano dovuto subire “il ferro e il fuoco”.
Nell’anno 1319 Treviso si sottomette al duca d’Austria.
Nell’anno 1329 Treviso è occupata da Cangrande della Scala.
Nell’anno 1338 Treviso è occupata da Venezia ecc…
Nell’anno 1317 un’altra catastrofe, simile a quella dell’anno 596 si abbatte su Treviso e le sue campagne. Il Piave straripa a Nervesa, e il disastro è totale. Scrive il Bonifaccio nella sua “Istoria di Trevigi” (Storia di Treviso). “Il Contado di Trevigi (Treviso) ricevè gran danno dalla Piave, la quale grandemente per le molte pioggie, e nevi accresciuta, spezzando gli argini a Narvesa…e scorrendo indomita per le campagne, dove anticamente era il suo corso; giunta a Trivigi ruppe, e guastò Molini, Case, ed altre fabbriche, ed ingorgata ne’ luoghi più bassi, fece notabilissime ruine…”.
ANNO 1300 (?)
Ma in mezzo a tante traversie una poesia-tenzone del 1300 celebra il coraggio di un valoroso, di nome Liberale, che abita a San Pelagio. L’autore dei versi fa proclamare a Liberale (sé stesso) di non aver paura veramente di nessuno: “… Ye son Liberal, che sta a Sant Palay: – un fant masclo, anch’ie ve para brun. – Con a l’ost, maidè, s’el par a voy!… ‘n i guagnieli!, ‘l me no serà tamagn – che ye no ‘l sburlo a le brancaduye!”
Ecco la traduzione “Io sono Liberale da S. Pelagio: un giovanotto vigoroso, anche se ho un aspetto un po’ sbattuto. E andiamoci alla guerra, vivaddio, se è questo che volete!…per i Vangeli, (i nemici) non saranno per me tanto grandi che io non possa stenderli non appena li avrò tra le mani”.
ANNO 1373
Un certo Guglielmino da S. Pelagio, figlio del fu Pasio, fa testamento e vuole essere sepolto nel suo “monumento” a S. Pelagio. Ma, fa scrivere al Notaio, estensore del testamento che nel caso ciò non sia possibile a causa di una possibile guerra tra Treviso e Padova sia provvisoriamente sepolto a S. Bona.
“Non importanti fatti d’armi ebbero luogo nel 1374; ma era una guerriglia estenuante, che unita alle inondazioni primaverili, alla peste e alla carestia, faceva sentire vivo in tutti i belligeranti il desiderio della pace. Il 6 giugno di quell’anno pertanto, con soddisfazione di tutti, fu concluso un armistizio, che purtroppo non doveva durare a lungo. Otto mesi prima era stata conclusa la pace tra Venezia e Francesco da Carrara, signore di Padova, dopo una guerra che con varie vicende si trascinava dal 1372. Il Carrarese, minacciato dal duca Leopoldo d’Austria e dalla Repubblica Veneziana, aveva ceduto al primo Feltre e Belluno e contro Venezia aveva richiesto gli aiuti del re d’Ungheria; ma il 1° luglio del 1373 le milizie ungheresi e quelle del signore di Padova erano state gravemente sconfitte e Francesco era stato costretto a concludere una pace svantaggiosa (23 settembre), obbligandosi a pagare un’indennità di guerra di trecentomila ducati e a chiedere anche scusa a Venezia… Dopo una guerra iniziata nel 1373 Venezia e Genova furono costrette dall’intervento di Papa Urbano VI e di Amedeo VI di Savoia al tavolo della pace costituito a Torino. In quell’occasione Venezia dovette rinunciare irrimediabilmente alla Dalmazia a favore dell’Ungheria, a Treviso e Conegliano a favore dell’Austria, i traffici sul Mar Nero divennero prerogativa di Genova, Trieste rimase indipendente contro un tributo annuo di olio e vino”. (www.cronologia.it/storia)
ANNI 1508 – 1511
Tutta la città di Treviso, su ordine del Senato di Venezia, da cui la nostra città dipende, diventa un grande cantiere per allestire delle fortificazioni per difenderla dall’assalto degli alleati della Lega di Cambrai.
In quell’occasione vengono costruite le attuali mura.
Anche “le donne stesse in cavare, e portare con le proprie mani la terra, ogni giorno più ore con forte animo la fatica sofferivano” (G. Bonifaccio).
Le armate nemiche, specie le francesi, comandate dal Generale “Lapalisse”, nel 1511 si avvicinano alla città incutendo terrore. Parte del suo esercito controlla con la forza il fiume “Botteniga” che nasce a S. Pelagio nella località detta “Fontanelle”.
La presenza di eserciti, spesso composti da mercenari, è un autentico flagello.
Il Bonifaccio narra che a quei tempi i soldati compiono “molte ruine… molti danni e rubamenti… spianano tutte le grandi case… tagliano le viti… usurpano… impongono grande gravezze ed obblighi… molte ville vengono consumate dal fuoco…” Anno 1512: “la Piave grandemente per molte pioggie accresciuta, e del suo letto uscita scorse furibonda per lo Contado, ed in esso, all’usanza de’nemici fatti gran danni, assaltò la città, e v’entrò dentro”.
Il male per i nostri avi non viene solo causato dagli uomini, ma anche dalla natura o dalle malattie come le inevitabili pestilenze che mietevano migliaia di vittime.
ANNI 1818 – 1874
Dal 1511, circa, fino agli ultimi anni del 1700, la città di Treviso inserita nella Repubblica Veneta, gode di una relativa pace.
Nel 1796 Napoleone conquista Bassano del Grappa e costringe alla fuga l’esercito asburgico. Lo stesso anno Napoleone giunge a Treviso. Molte sono le speranze della cittadinanza, ma molte anche le disillusioni quando ci si rende conto che anche l’esercito francese non è meno “invadente” dei precedenti.
ANNO 1818 – 1874
Dal 1511, circa, fino agli ultimi anni del 1700, la città di Treviso inserita nella Repubblica Veneta, gode di una relativa pace.
Nel 1796 Napoleone conquista Bassano del Grappa e costringe alla fuga l’esercito asburgico. Lo stesso anno Napoleone giunge a Treviso. Molte sono le speranze della cittadinanza, ma molte anche le disillusioni quando ci si rende conto che anche l’esercito francese non è meno “invadente” dei precedenti.
ANNO 1818
L’occupazione della Repubblica Veneta da parte di Napoleone causa dei radicali cambiamenti politici anche nella nostra piccola S. Pelagio.
Si legge nel Libro parrocchiale dei Morti che “La Parrocchia di S. Palé (S. Pelagio), del luogo di S. Palé, Distretto di Treviso, Provincia di Treviso è Frazione del Comune di Ponzan”.
Questa appartenenza di S. Pelagio al Comune di Ponzano dura solo per alcuni anni. Ritorna a dipendere dal Comune di Treviso nel 1818 quando quest’ultima, come Venezia, viene riceduta agli Austriaci.
ANNO 1826
Il parroco annota in maniera attualmente incomprensibile nel Registro dei Battesimi che “comincia l’anno militare”. Non ci sono, purtroppo, spiegazioni a questa annotazione.
ANNI 1826-1830
Il Parroco, D. R. Pontotti, celebra il “pro (per) Imperatore”: 18 messe nell’anno 1826 tra il mese di agosto e quello di ottobre; 16 messe nell’anno 1827 durante il mese di settembre; 18 messe nell’ottobre dell’anno 1829 e 16 messe nell’agosto del 1830. Non ci è dato di capire dai documenti parrocchiali quale sia il motivo per il quale si celebrano queste messe.
I successori di D. Pontotti, che muore nel 1831, non celebrano più messe ufficiali per l’Imperatore.
5 Marzo 1846
“La Congregazione Municipale della R.a (Regia) Città di Treviso col n.853 Sez. XI in data 24 Marzo 1846 partecipa che durante L’anno Carnevale (?) 1845 fu mancato à vivi negli Ospitali militari Giuseppe Broda fu Antonio. (Firmato) Don Domenico Bottegal Parroco – La morte del sopradetto non fu partecipata all’Imp. R.o Tribunale Provinciale di Treviso”.
La notizia in forma così burocratica non spiega le cause della morte del militare Broda.
ANNO 1848
La prima guerra di indipendenza dall’Austria provoca gravi disagi in tutta la popolazione lombardo-veneta.
Il Papa Pio IX scrive in quella occasione una lettera al Re austriaco per indurlo alla pace.
Alcuni soldati austriaci in quell’anno passano anche per S. Pelagio.
Qui si impadroniscono di materiale che, come vedremo, certamente non pagheranno.
Il parroco in quei drammatici momenti è vicino alla sua gente e si intuisce la sua volontà di pace anche dal documento manoscritto che lascia tra le sue carte e che ricava dalla Gazzetta Veneta del 31 Maggio 1848. Si tratta del testo della lettera inviata dal Papa al Re austriaco, in cui si legge testualmente:
“… una parola di pace in mezzo alle guerre che insanguinano il suolo cristiano… abbiamo espressamente annunziato l’ardente desiderio di contribuire alla pace… noi ci rivolgiamo alla sua pietà e religione esortandola con paterno affetto a far cessare le sue armi da una guerra che senza poter riconquistare all’impero gli animi dei Lombardi e dei Veneti, trae sè la funesta serie di calamità che sogliono accompagnarla e che sono da lei certamente aborrite e detestate… noi invitiamo la generosa nazione tedesca a deporre gli odii e a convertire in utili relazioni di amichevole vicinato una dominazione che non sarebbe nobile nè felice quando sul ferro (sulle armi) unicamente si posasse. Così noi confidiamo che la nazione stessa (tedesca), onestamente altera (orgogliosa) della nazonalità propria non metterà l’onor suo in sanguinosi tentativi contro la nazione italiana, ma lo metterà piuttosto nel riconoscerla nobilmente sorella, come entrambe sono filgiole (figliole) nostre, e al cuor nostro carissime, inducendosi ad abitare ciascuna i naturali confini con onorevoli patti e con la benedizione del Signore… Preghiamo il Datore d’ogni lume e l’Autore di ogni bene che ispiri la M. V. (Maestà Vostra) di tanti consigli, mentre dall’intimo del cuore diamo a Lei, a S. M. l’Imperatrice e all’Imperiale Famiglia l’Apostolica Benedizione.
Dato a Roma apud Sanctam Mariam Majorem die xxxi Maji. Anno 1848
Pontificatus nostri anno secundo. Pius Papa IX”.
E’ facile pensare che il parroco, nelle sue omelie, abbia spesso fatto riferimento a questo documento di grande importanza per la storia italiana, e, di conseguenza, anche per la nostra storia locale.
Ma se da una parte il Sommo Pontefice nel 1848 invita il Re austriaco a desistere dall’usare le armi contro i Lombardo-Veneti, dall’altra il Vescovo di Treviso, che si firma “Giovanni Antonio Barone di Farina, Cavaliere di II Classe dell’Imper. (Imperiale) Ordine Austriaco della Corona di Ferro” e che regge la nostra diocesi dal 1850 al 1860, invita, in varie occasione, i cristiani a pregare “per la continua preservazione e floridezza dell’Augusto Imperatore Francesco Giuseppe I”.
(Questa ultima citazione è dell’anno 1852)…
Il 14 febbraio 1854 chiede di pregare per “la ridente felicità di Francesco I. Religiosissimo, piissimo colla integrità de’suoi Regni… le grazie più distinte discendano egualmente sulla Serenissima Principessa (la Principessa Sissi), che in brieve giro di tempo sarà impalmata (tra breve tempo diventerà) Sposa di Lui e sarà così solido scudo alla prosperità de’suoi popoli… alle nazioni soggette… sarà Madre sollecita dell’orfano… sarà Arca, sarà Ricovero di tutti i poverelli…” .
Il 25 febbraio 1854 esorta a pregare per l’Imperatore e “per tutta la Imperiale e Reale Famiglia. Fàccian corona al suo trono le virtù più distinte… In noi sperimenti sudditi rispettosi, obbedienti, fedeli…”.
Questi documenti di Mons. Farina sono conservati assieme a molti altri suoi atti nell’archivio parrocchiale.
(1848) – 25 Gennaio 1849
Come abbiamo visto, nel 1848 transitano e si accampano nel nostro territorio, delle truppe austriache che acquistano, ma senza pagarla immediatamente, della legna.
Nel 1849, su invito del Comune di Treviso, la nostra Fabbriceria inoltra domanda di pagamento per il debito contratto dalle truppe e scrive, utilizzando anche “la carta bollata”, alla “R. (Regia) Congregazione Municipale di Treviso” per essere risarcita.
“La Fabbriceria di S. Pelagio Comune di Treviso si fa dovere, in seguito all’ordinanza Municipale 18 Gennaro 1849 di rapresentare il danno per effetto dell’insurrezione Lombardo Veneta nei giorni 12. 13 Maggio 1848. Epoca dell’accampamento delle SS. R.R. Trupe Austriache in S. Pelagio, e ciò per gli effetti che il governo crederà opportuni. Legna da fuoco Fassi (fascine) n. 6 a L 14. Austriache L. 84. (scritto e firmato a) S Pelajo li 25 Gennaro 1849. Fabbricieri Gio. Batt. Broili, Antonio Cendron, Lorenzo Colusso”.
La risposta scritta in termini burocratici e ricercati, arriva “finalmente”, dopo quattro anni (!) il “6 agosto 1852. Alla Fabbriceria di S. Pelajo. Fissato dall’Eccelso Ministero dell’Interno, coll’ossequiato dispaccio 26 Marzo a. c. (anno corrente) n. 4705, il principio che la perdita cagionata dalla guerra non deve accordarsi verun (alcun) compenso; l’I. R. (Illustrissima Règia) Luogotenenza Veneta con Decreto 21 Luglio p. p. n. 15095 ha ordinato il licenziamento della sua domanda d’indennizzo che le si ritorna. Il Podestà Olivi”.
Il Podestà nega alla Fabbriceria l’indennizzo richiesto e rinvia al mittente la domanda.
I due documenti, come si vede, ci sono pervenuti grazie alla pignoleria burocratica austriaca che restituisce anche il documento di richiesta per il risarcimento dei danni..
29 Gennaio 1847 – 1849
Giunge al parroco la notizia di un parrocchiano morto di “peste”.
“Col n. 5490 – oggi ricevuto dalla Congregazione Municipale della R.a (Regia) Città di Treviso venne partecipata al sottoscritto la morte del Soldato Giacomini Giovanni-Domenico accaduta a (causa della) peste li 4 8bre (ottobre) 1847 – Dalla Canonica di S. Pelajo li 29 sudetto anno stesso. D. Domenico Bottegal Parroco”.
Anche se il parroco parla di “peste” si pensa si tratti di “colera”. Questo terribile morbo, confuso forse anche con il “vaiolo”, compare in questo periodo anche a Venezia durante la resistenza organizzata della città per ottenere l’indipendenza dagli Asburgo.
A S. Pelagio il “colera” arriva devastante nel 1849 e provoca nove morti in brevissimo tempo, otto dei quali tra il 14 e il 29 agosto.
Il Parroco “pro tempore”, cioè incaricato a reggere la parrocchia fino all’arrivo del nuovo parroco, scrive nel Libro dei Morti dell’anno 1849:
“Teresa Virginia Montellato, di un mese e mezzo, (di) religione Catt. (cattolica), di condizione Villica (contadina), nata in questa parrocchia e in questa domiciliata (figlia di) Domenico e Anna Favero detta Fava è morta il 21 Maggio 1849 alle ore 6 pomeridiane, (è stata) visitata (dal medico) il 22 Maggio 1849 (ed è stata) tumulata il 23 Maggio 1849 alle ore 6 pomeridiane, il motivo della morte è Vajolo”.
Il nuovo parroco, Don Antonio Moro, non scriverà più che il motivo della morte è il “Vajolo” come il suo predecessore, Don Eugenio Perocco, ma che è il “colera morbus” il morbo del colera.
E’da osservare che solo questa causa di morte viene notificata dal parroco in lingua latina, le altre cause di decesso vengono scritte in lingua italiana. Anche per altre situazioni particolarmente delicate i parroci usano scrivere in latino. Tale abitudine, come si direbbe al giorno d’oggi, viene utilizzata soprattutto per difendere la privacy delle persone e non per far sfoggio della conoscenza della colta lingua latina.
Don A. Moro, dunque, ha anche il triste compito di compilare il “registro degli Atti di morte” della sua parrocchia.
Dopo il suo arrivo, fra i primi nove defunti cui deve cristianamente dare sepoltura, ben otto sono deceduti a causa di quello che egli definisce “colera morbus”.
Leggiamo le tristi relazioni di quei giorni.
Di ogni “defonto” (defunto) viene specificato il cognome e il nome, l’età, la “religione”, la “condizione” (la professione), il cognome e nome dei genitori, il giorno della “morte”, della “tumulazione” (della sepoltura) e la malattia che l’ha causata.
“(1) Grigoletto Giovanna di anni sei, Cattolico, Villica, figlia di Giuseppe e Bariviera Regina… morta il 10 Agosto… di colera morbus;
(2) Luchese Antonio di anni 60 figlio dei defunti Francesca Rizzo e Pietro Luchese… morto il 11 Agosto di colera morbus;
(3) Montellato Domenico (è il padre della bambina Teresa Virginia sepolta il 23 Maggio dello stesso anno), di anni 34, Cattolico, villico, figlio di Angelo e di Benetton Maria… morto il 14 Agosto, di colera morbus;(viene sepolto lo stesso giorno della morte);
(4) Carniato Sante di anni 27, Cattolico, Villico, figlio di Spirisendion e fu Cendron Regina… morto il 14 Agosto di colera morbus;
(5) Buligana Maddalena di anni 27, figlia del defunto Giuseppe e Callegari Antonia… morta il 17 Agosto, di colera morbus;
(6) Murer Catterina di anni 59, figlia del defunto Antonia e Francesca N., … morta il 17 Agosto di colera morbus;
(7) Antoniolli Maria di anni 61, si ignorano i parenti… morta il 18 Agosto di colera morbus:
(8) Olian Francesca di anni 34, figlia Jacinto e Nardini Teresa… morta il 29 Agosto di colera”.
Nel 1855 sono altri tre i casi di persone morte a causa del “cholera”, come lascia scritto il parroco.
Muoiono “Visentin Antonio di 51 anni… Montagner Giuseppe di anni 64… Casagrande detto Caporin Angelo di anni 48…”.
Tutti e tre sono “Cattolici, Villici” (contadini) e muoiono “nell’Ospitale provinciale di S. Antonino”.
anno 1849
La Fabbriceria in marzo, giugno e settembre paga una “sovraimposta (per la) Guerra”
E’da notare che la tassa viene pagata dai Veneti che vogliono l’indipendenza a favore dell’occupante esercito austriaco.
12 Aprile 1870
“Teso Giovanni di Girolamo e fu (e del defunto) Beneton Teresa jugali (sposati) di anni 29 e mezzo Militare morì ieri assistito dal parroco e confortato dai SS mi Sacramenti. Sarà sepolto in questo Cimitero (di S. Pelagio)”.
Non sappiamo la causa della morte.
ANNI 1915 – 1918 LA PRIMA GUERRA MONDIALE
Durante la prima guerra mondiale S. Pelagio offre alla patria la vita di 17 suoi figli.
La prima guerra mondiale ha lasciato anche a S. Pelagio, fino ai nostri giorni nostri, dei segni molto tristi. Le testimonianze scritte ed orali di questo dramma sono ancora numerose.
In particolare Don Carlo Rizzetto, parroco a S. Pelagio dal 1913 al 1950, che ha vissuto le due grandi guerre nella nostra parrocchia, ci ha lasciato vari e commoventi documenti relativi ai fatti della prima guerra mondiale.
ANNO 1915, i giovani – la fede – la guerra
Leggiamo il triste addio per l’imminente partenza verso il fronte di alcuni giovani della parrocchia, tratto da un articolo della Vita del Popolo (?).
“I giovani di questo Circolo, dopo aver dato una piccola cena d’addio ai compagni che presto devono partire per le armi, con gentile e pietoso pensiero fecero, domenica passata, celebrare nella parrocchia una Messa solenne all’Altare di Maria Vergine, per ottenere la protezione non solo sui compagni partenti, ma anche su quelli che già si trovano da tanto tempo lontani.
Come è bello vedere questi giovani che veramente si amano e che sono tutti informati dallo spirito della nostra Religione! Essi che sono a casa e quelli che sono nei remoti confini della Patria sono ancora come una cosa sola, perché continuamente si scrivono e si partecipano a vicenda quello che gli uni e gli altri stanno facendo.
Oh! come sono sempre belle, commoventi e piene di sentimento cristiano e patriottico le lettere che di continuo giungono al Parroco e ai compagni del Circolo dai giovani che si trovano al fronte”!
Ecco due lettere, pubblicate anche dalla Vita del Popolo (?), del “Soldato Colla Riccardo di S. Pelagio che così scrive al suo Parroco D. Carlo Rizzetto.
Rev.mo Parroco…Soddisfattissimo io rimasi del nobile disegno che i nostri cari giovani idearono a pro di noi combattenti. Fortunatamente il giorno 15 agosto anch’io ebbi la bella occasione di accostarmi ai SS. Sacramenti e nel tempo medesimo di servire alla S. Messa, così ebbi la consolazione di accompagnare la divisione degli amati amici.
Già avrà inteso dall’ultima mia lettera spedita al Circolo, che io potei avvicinare alcuni miei compagni che nel passato non avevano mai voluto sapere di religione; ed io li feci convinti che confidando in Dio si trova la giusta via della pace, tranquillità e allegria. Di fatti si persuasero e mi seguirono devotamente a fare la confessione e la S. Comunione; con di più tutte le sere in mia compagnia e uniti ad altri buoni amici recitiamo il S. Rosario e la Coroncina al S. Cuore…”.
Ecco la seconda, triste ma piena di fede “Lettera dal Campo” che “Il bravo soldato Colla Riccardo da S. Pelagio” invia “agli amici del Circolo Giovanile.
Egli scrive una lunga, nobilissima lettera, nella quale afferma dapprima la sua assoluta comunità di preghiera e di ideale coi giovani soci, proclama tutta la forza morale che la religione sa suscitare.
“Osservando le pratiche religiose – scrive – sono sempre stato tranquillo e allegro, non ho mai tremato davanti al pericolo, non fui mai abbattuto dai patimenti e mai scoraggiato nelle tribolazioni”. E più avanti prosegue: “Non vedo il momento e l’ora ritornare felice tra voi; ma eppure un giorno arriva per certo.
Sono qui tra i morti e i vivi in mezzo a continui bombardamenti, fucilate che vanno e che vengono; ma io vi dico il vero che non arrivo mai a un momento che mi scoraggio, nemmeno se mi trovassi tra il più terribile terrore. E’inutile con noi combattenti ci sta la Vergine SS. (Santissima) che ci protegge e che dobbiamo desiderare di più?
Coraggio amici, pregate voi altri e noi con la mente a Gesù e Maria combattiamo in nome di Dio; e perciò viva la Patria e viva Cristo! Un cordiale saluto al Rev.mo Parroco”.
ANNO 1915, 15 Agosto
La memoria degli amici partiti per la guerra resta sempre presente tra coloro che rimangono in paese e in particolare il 15 agosto 1915 viene trascorso, come si può leggere in un articolo della Vita del Popolo, nel ricordo dei “compagni combattenti. Dietro iniziativa di questo Circolo Giovanile Cattolico fu fatta Domenica scorsa 15 corrente una festa Religiosa in favore dei militari che combattono per la grandezza della patria nostra: festa veramente degna di lode e di imitazione.
Alla comunione generale dei giovani del Circolo l’intero paese si unì, partecipando ai SS. Sacramenti, sicché ebbe luogo una vera Comunione generale della parrocchia. Alle funzioni si recarono di nuovo alla Chiesa, parata singolarmente a festa, e fu sorpresa e soddisfazione comune quando il giovane Battistella Eugenio, presidente del Circolo, con franca e commovente parola espose lo scopo della solennità e invocò la benedizione del Signore, a nome di tutti i suoi compagni presenti e dell’intera popolazione, sopra gli amici combattenti, sentimenti che ebbero pur l’approvazione e l’applauso del parroco che, commosso e soddisfatto della ben riuscita festa, interpretando il sentimento comune, dichiarò che tale giornata resterà indelebilmente impressa nell’animo suo e in quello dei parrocchiani”.
ANNO 1915 – 1918, i morti
Nei registri parrocchiali non sono scritti tutti i nomi dei 17 morti in guerra.
Quei nomi li possiamo leggere su una lapide esposta all’esterno della chiesa.
Vedremo come tutti i nostri militari uccisi nelle varie zone di guerra non vengano sepolti nel nostro cimitero parrocchiale di S. Pelagio, a quel tempo ancora utilizzato.
Questo ci fa supporre che i nostri defunti siano stati cristianamente sepolti, con l’assistenza dei cappellani militari, non lontano dal fronte nel quale combatterono e morirono.
ANNO 1915, 2 Settembre
Ecco un tragico messaggio manoscritto che si conserva allegato al Registro dei Morti e che è inviato dall’autorità militare al Parroco perchè dia notizia alla famiglia Visentin della morte di un suo figlio al fronte.
“Ufficio per Notizie alle Famiglie dei Militari di terra e di mare – Sezione di Verona
Molto Rev. Arciprete. Questo ufficio si rivolge alla sua cortesia per pregarla di volersi incaricare di una missione assai pietosa – di partecipare cioè alla famiglia del Sig. Visentini R. la morte del suo figliuolo Visintini (!) Virginio Guardia di Finanza – avenuta nell’ospedaletto da campo assistito dai conforti della religione. Nessuno meglio di Lei, Rev.do Sig. Arciprete, saprà partecipare con maggior delicatezza questa triste notizia alla famiglia. Ringraziandola con profonda stima. Mi segno dev (mi firmo devotamente)“.
In calce ad una pagina del Libro dei Morti dell’anno 1915 il Parroco scrive senza ulteriori commenti questa notizia: “NB. Morirono pure in quest’anno nella guerra Italo-austriaca: Visentin Virginio (10 Giugno 1915) e Zorzi Ernesto – (8 dicembre 1915)”.
Come si può notare il cognome del defunto secondo l’Ufficio di Verona è Visentini, per il Parroco è Visentin.
ANNO 1916, 14 Maggio
Si legge la notifica di un altro decesso avvenuto al fronte:
“Bettiol Angelo figlio di Giuseppe di anni 21, morto il primo suddetto (il primo maggio) in battaglia per ferite riportate sul campo dell’onore. Ricevuto l’avviso dal Comune di Treviso il 2 Giugno 1916”. La salma non viene tumulata a S. Pelagio.
anno 1916, 22 Giugno
Muore un giovane, stimato dal parroco anche per le sue “virtù cristiane e patriottiche”.
“Grigoletto Giuseppe figlio di Angelo (Luigi) di anni 22, ricevuto oggi l’annuncio della sua scomparsa nell’affondamento della nave che dall’Albania doveva portarlo alla nostra frontiera, era giovane modello di virtù cristiane patrie”. La salma non è tumulata a S. Pelagio.
ANNO 1916, 18 Agosto
Viene ucciso un altro militare.
“Zuliani Fortunato figlio di Antonio di anni 30, ricevuta oggi la comunicazione della sua morte (da questo municipio) avvenuta in ospedaletto da campo, per una ferita all’addome, munito dei conforti religiosi (come da partecipazione)”. La salma non viene tumulata nel nostro cimitero.